Rock sound - Speciale Italia
Inervista a Federico Fiumani
tratta dallo SPECIALE ROCK SOUND N.2 supplemento al n. 17 di Rock sound di Daniel C. Marcoccia
Da
"SCENARI STORICI"
Dove volete trovare Federico Fiumani, se non in uno studio di registrazione. Il suo ultimo lavoro "Scenari immaginari" è ancora fresco nelle nostre orecchie ma lui sta già preparando il successore.
Ma come, sei di nuovo al lavoro! "Scenari immaginari" sembra uscito solo ieri...
- Sto già preparando il materiale nuovo sperando che possa uscire entro l'anno. intanto è stato ristampato dalla Self su CD il nostro terzo lavoro "Boxe".
Sei quindi già a buon punto?
- È praticamente pronto, lo stiamo definendo. ci saranno 13/14 canzoni mentre il titolo potrebbe essere "Coraggio da vendere" perché suona bene e non mi sembra sia già stato utilizzato. È anche il titolo di una canzone. Non ci sono rivoluzioni ma rispetta quello che è lo stile dei Diaframma.
Sei qun po' uan figura atipica nell'ambiente musicale nostrano. molti hanno sempre trovato strane alcune tue scelte!
- È semplice, non ho molta voglia di rivoluzionare la mia musica se qualcuno me lo impone. Fondalmentalmente, ho sempre cercato di fare questo lavoro divertendomi. Quando sento che questa molla non scatta per rapporti burocratici o per modi diversi di vedere le cose, allora preferisco lasciar perdere. Non è una voglia di indipendenza a tutti i costi ma la volontà di interpretare questo lavoro come qualcosa in cui credi e rispetti. Poi bene o male, il mondo del rock indipendente lo conosco bene, per cui nono ho problemi a trovare concerti e a coinvolgere persone intorno ad un progetto. Ovvio che da altre parti sei tagliato fuori, così come da certi giri che forse contano.
Questo atteggiamento ha probabilmente contribuito a renderti antipatico agli occhi della gente?
- citando una canzone di De Gregori, i simpatici mi stanno antipatici (ride). È riferito ovviamente a tutti quelli che fanno finta di sembrare dei gran simpaticoni ma che alla fine non lo sono.
Cosa manda avanti la creatività di Fiumani e del suo gruppo?
- Il divertimento. È un lavoro anche molto duro ma che ti da parecchie soddisfazioni. Non devi timbrare il cartellino e sicuramente ti arricchisce. Anche se raggiungi in certi momenti una dimensione di ansia.
Cosa ti rende maggiormente orgoglioso?
- Avere un pubblico che mi segue e che si rinnova. Ho notato un ricambio generazionale e quindi ci sono parecchi giovani.
Non hai mai rimpianti?
- No, forse il fatto che se fossim capitati dieci anni dopo sarebbe stato più facile. Nel senso che ora le case discografiche investono di più sul rock italiano e quindi sono più portate a privilegiare il nuovo in quanto tale. Rimpiango l'esser capitato un po' in anticipo... o in ritardo rispetto agli anni settanta. Siamo arrivati in una fase un po' di mezzo mentre adesso penso ci siano più chance per chi fa rock in Italia. Ci sono più gruppi, più etichette e più produttori, anche la qualità è aumentata. In fatto di gusti poi, a me personalmente le cose che si sono fatte negli anni '80 mi sono piaciute, sia quelle in italiano che in inglese.
Hai seguito la polemica tra Ghigo e Piero? Il fatto che Ghigo continuerà a portare avanti il nome Litfiba ti ricorda un po' la tua scelta dopo la partenza di Miro Sassolini?
- Non lo so. La nostra storia da un certo punto in poi è stata così diversa che fare certi paragoni mi sembra impossibile. Con loro avevamo fatto un certo cammino insieme, poi sono diventati un gruppo di massa ed è inevitabile che una certa frangia più oltranzista del loro pubblico dicesse che avessero perso alcuni ideali. I Litfiba fin dall'inizio sono comunque sempre stati un grande gruppo e sicuramente questa scissione crea un interesse perché continuano tutti e due. Probabilmente si avrà modo di ascoltare della buona musica da ambedue le parti.
Non senti mai il bisogno di avere un orecchio esterno e quindi di un produttore?
- Il produttore va inteso in vari modi. Anche Warhol produsse il disco dei Velvet Underground ma non mise mai piede in studio. Non puoi però nemmeno dire che non abbia avuto influenza sul gruppo. È stata enorme e forse senza di lui non sarebbero nemmeno esistiti. Non ho preclusione verso i produttori ma finora mi piace produrre i miei dischi da solo.
C'è qualcuno con cui ti piacerebbe collaborare?
- Forse con Francesco De Gregori.
Vedi l'evoluzione del tuo modo di scrivere andare verso uno stile più cantautorale?
- Sicuramente, visto che faccio tutto da solo. In questo nuovo album ci sono però dei brani che sono costruiti in modo diverso così come ho ripreso a suonare la chitarra come facevo negli anni ottanta, abbastanza "new wave".
Come vedi questo revival degli anni `80?
- È inevitabile, c'erano delle cose buone ed altre cattive in quegli anni. Oggi ci sono dei gruppi come i Bluvertigo che si ispirano a quelle cose e lo fanno anche molto bene.
Hai continuato a utilizzare il nome Diaframma anche se sei l'unico superstite del nucleo originale.
- È un nome più conosciuto anche se ora tende più ad essere il sinonimo di un solista. Ma sul palco siamo in quattro e avere la dimensione della rock-band non mi dispiace. Vedremo in futuro quale dimensione prenderemo.
C'è sempre la solita voce che vuole il ritorno di Miro?
- Lasciamo durare il mistero. Può darsi, chissà!