Articolo tratto da "Il Mucchio Selvaggio" del 12-01-99 scritto da Fabio Massimo Arati


Diaframma: tra gennaio e agosto, passando per novembre...


Il pretesto è l'uscita di un nuovo album in studio, "Scenari immaginari", la circostanza una brillante esibizione all'Alpheus di Roma: Federico Fiumani, unico leader dei Diaframma e figura imprescindibile del rock italiano, ci racconta le ultime tappe della sua "vita nomade"

Orgoglioso delle proprie scelte e del proprio passato e gelosissimo della sua libertà creativa, Federico Fiumani è conscio di essere entrato nei cuori di molti, ma non ama vantarsene. Se Piero Pelù è l'unica vera rock star della nostra penisola, il cantante dei Diaframma - nato e cresciuto nel medesimo contesto artistico - è al contrario l'antidivo per eccellenza: un musicista verace, encomiabile per per coraggio e coerenza. Una tenace attitudine punk ed un carattere schivo e fiero hanno fatto di lui un esempio del rock autoctono: è per questo che tanto lo amiamo, perché nei suoi versi così forti e spontanei ci riconosciamo un po' tutti.

Come è nato "Scenari immaginari"?
- È un disco a cui ho lavorato per circa un anno e mezzo, fermandomi e ripartendo più volte, per potermi meglio render conto se le cose mi soddisfacevano davvero. La scorsa estate si è poi presentata l'opportunità di realizzare il singolo di Agosto, ma poi tutto è rimasto sulla carta. Con il senno di poi credo sia stato meglio così: se fosse uscita nei mesi estivi la canzone avrebbe avuto vita effimera e s isarebbe corso il rischio di relegarne il significato al solo periodo delle vacanze; l'album invece è stato pubblicato a novembre e il brano in questione - che è stato volutamente messo in apertura - non ha più così forti implicazioni temporali e vale per tutto l'anno: tanto d'inverno, ché agosto è solo nei pensieri, quanto d'estate, quando è davvero nelle nostre cellule.

Perché hai scelto questo titolo per il cd?
- Scrivo spesso pensando al cinema e volevo che il disco fosse una sorta di sceneggiatura; mi piaceva l'idea di vestire i panni del regista, narrare una storia ipotetica, descrivere un mondo, uno scenario; "immaginari" suonava bene, faceva rima... e poi quando si compongono delle canzoni si lavora spesso d'immaginazione.

E quale sarebbe la trama di un tuo potenziale film?
- A dire il vero ho in mente un progetto ancor più ambizioso: realizzare un musical anziché un film, una storia d'amore ambientata nella Firenze rock degli anni '80; ne avrei di cose da raccontare...

I testi sono sempre stati il cuore delle tue canzoni; come è cambiato il tuo modo di scrivere nel corso degli anni?
- Al principio degli anni '80 era differente, si parlava per immagini, per sensazioni, oggi è più forte l'esigenza di raccontare cose vissute, storie di vita quotidiana; ciò non significa che rinneghi o non mi riconosca più in quello che ho fatto in passato; oggi però, non sarei più in grado di scrivere quello che invece, ispirato da letture differenti e da diverse contingenze della vita, era assai consono ai miei vent'anni.

Inquadriamo allora la storia della tua band percorrendone i principali momenti stilistici: il dark degli esordi, la new wave ed infine il rock d'autore...
- I vari periodi della storia del gruppo coincidono con le esigenze di determinati momenti storici, agli ascolti e agli stati d'animo caratteristici di quegli anni. All'inizio i Diaframma erano un progetto di gruppo; anche allora i pezzi erano miei, è vero, ma assieme si discuteva sugli arrangiamenti, sulle scelte artistiche e tutto aveva un senso soltanto se c'era un'approvazione collettiva. In seguito, piano piano, mi son ritrovato da solo e questo tipo di mediazione non c'è più stata. Non so se sia stato un bene o un male, posso però dirti che ora fila tutto più liscio. Nella sala dove di solito proviamo mi capita spesso di vedere, attraverso i vetri dei vari studi, i gruppi in preda a discussioni furiose; allora penso che per fortuna quella fase l'ho già superata e adesso posso fare come voglio, decidere se dover provare o fare altro; ed una volta in sala si buttano giù quattro pezzi senza intoppi né problemi, anche perché ho piena fiducia nei musicisti di cui mi circondo. Insomma, fare tutto da oslo comporta dei bei vantaggi...

È vero che in principio Nicola Vannini era la vera anima dark dei Diaframma?
- In un primo periodo il leader era senz'altro lui; Nicola è un personaggio che ha avuto enorme influenza su di me: gestiva la Rockoteca Brighton, faceva il dj ed era adorato dalle ragazzine; noi eravamo soltanto tre studentelli che andavano a sentire i suoi dischi. Il suo carisma gli permetteva di tenere la scena con grande maestria e non è certo un caso che fosse proprio lui a cantare. Mi piace ricordare quei tempi e ancora oggi ripropongo con orgoglio il repertorio di quegli anni: lo scorso anno l'uscita di "Albori" (un cd antologico con brani editi e non del periodo Vannini, N.d.I.) aveva proprio lo scopo di ribadire che in fondo siamo stati i primi a scrivere quel tipo di canzoni in italiano, con certe tematiche esistenzialiste. Insomma, sono un tipo nostalgico, preferisco rivangare il passato piuttosto che pensare al futuro.

Per un certo periodo si è vociferato di un imminente rientro nel gruppo di Sassolini.
- Visto che abbiamo parlato di Nicola è allora giusto rendere omaggio anche a Miro: con il suo arrivo sbancò tutto, il suo carattere e la sua potenza vocale non temevano confronti. È vero, recentemente mi sono rivisto con lui e non è escluso che ritorni ad essere il cantante dei Diaframma; ti confesso che non mi dispiacerebbe affatto riprendere a suonare soltanto la chitarra. Perché ciò si realizzi devono tuttavia presentarsi delle circostanze adeguate: è un progetto che per avere un senso ha bisogno di essere supportato da una struttura, da uan casa discografica in grado di recuperare il ruolo che il gruppo aveva negli anni '80.

E come credi che Sassolini possa adattarsi alle tue esigenze artistiche, assai diverse da quelle di dieci anni fa?
- È tutto da vedere, non saprei dirti; comunque sono in vena di reunion, avrei voluto anche fare una tournèe con Nicola per dare maggior risalto alla pubblicazione di "Albori", ma siccome gli era nata una figlia da poco non se la sentiva di star via da Firenze per troppi giorni.

Visto che lo abbiamo accennato, affrontiamo il tasto dolente del mercato discografico, che ti ha costretto ancora una volta all'autoproduzione...
- Allora è che accenda una sigaretta... se da un lato questa situazione mi rende orgoglioso e fiero della mia indipendenza artistica, dall'altro comporta anche una punta di amarezza. È andata così, quando stavo alla Ricordi ero tagliato fuori da tutto e i miei interlocutori erano talmente idioti che a un certo punto mi ero proprio avvilito: non riuscivano a farmi suonare dal vivo, sono rimasto per anni senza far concerti; eravamo completamente estrapolati dal nostro contesto, e si è fatto di tutto perché le radi ocommerciali facessero il nostro target. Delle volte durante le interviste si è sfiorata la rissa perché quei dj facevano delle domande così stupide da far cadere le braccia:"Sei in spiaggia, vedi uan che ti piace, cosa fai?"; in parecchie occasioni mi sono rifiutato di proseguire benché fossimo in diretta. Quando poi sono tornato con Abraxas, nel '92, facemmo trentatré concerti in sei mesi ed "Anni luce" vendette settemila copie, da lì ho ricominciato a divertirmi. Adesso non dico che a tutti i gruppi che firmano con delle grosse etichette debba succedere ciò che è accaduto a me, ma senz'altro la mia attuale posizione è frutto dell'esperienza. Ora come ora, con la distribuzione della Self, mi trovo bene e non voglio lamentarmi.

Non ti alletterebbe, anche in virtù di passate collaborazioni, incidere per il Consorzio?
- A dire il vero preferisco starmene da solo, il CPI ` un'etichetta perfetta per gruppi esordienti e il suo compito ` quello di farli crescere ed emergere; Maroccolo ` un mio coetaneo e non ce lo vedo a farmi da manager.

È pur vero che il tuo carattere poco conciliante non lascia spazio a compromesso alcuno, sia nei rapporti con i discografici sia in quelli coi musicisti...
- C'è anche chi è meno conciliante di me... fatto sta che quando si sono aperte le porte non vi ho trovato dietro tutti questi grandi salotti: per me è importante anche svegliarmi la mattina ed aver voglia e coraggio per arrivare alla fine della giornata; adesso, ti assicuro, ne ho davvero tanta!

Recentemente un gruppo di Napoli, gli Argine, ha realizzato un singolo con la cover della tua "Marisa Allasio", cui hai contribuito cantandola per la prima volta; come è nata questa collaborazione?
- Avevo ascoltato il loro cd d'esordio e mi era piaciuto molto: musicisti seri e rigorosi, impegnati in un grosso lavoro di ricerca. Sono venuti a Bergamo in occaisone di un mio concerto e su un quattro piste portatile abbiamo inciso la mia voce sulla base da loro preparata in precedenza. Abbiamo così tributato un nuovo omaggio congiunto a qust'attrice che è tra i miei miti di sempre; ne ho tanti di miti: generalmente sono donne, generalmente sono molto belle.