C'è qualcosa di nuovo in riva all'Arno. Anzi, d'antico. Meglio ancora, c'è qualcosa in cui il nuovo e l'antico s'intrecciano inesplicabilmente, legati assieme dal filo impalpabile - eppure reale - dell'arte di comporre e interpretare canzoni.
Parliamo di "Tre volte lacrime", il secondo album dei fiorentini Diaframma che vede la luce quasi due anni dopo il suo illustre predecessore, "Siberia" e che, almeno in teoria, dovrebbe sintetizzare il momento della maturità, quello in cui gli ardori e le intransigenze giovanili lasciano il posto alla riflessione ed alla consapevolezza di come percorrere la lunga via verso la definitiva soddisfazione dei propri ideali espressivi.
Tre volte lacrime", però, è un lavoro in cui Federico Fiumani (che, come al solito, ha composto tutti i testi e le musiche) ed i suoi Diaframma hanno evidenziato il candore e la freschezza degli esordienti, unite ad un linguaggio sonoro in grado di mettere in risalto la loro grande esperienza; del resto, troppi mutamenti avevano condizionato l'inquieta esistenza della formazione, e sarebbe stato assurdo pretendere che essi non si sarebbero riflettuti nelle proposte della band. Questo nuovo entusiasmo non si accompagna, però, ad un'euforia il più delle volte controproducente: i Diaframma di oggi sanno dove vogliono arrivare e come farlo, ma le loro certezze, più che da ragionamenti, scaturiscono dall'istinto e dall'anima. È la loro indole artistica, in fondo, a decidere, senza che eventuali calcoli di convenienza possano in qualche modo fuorviarla.
I Diaframma, insomma, hanno ricominciato, ma non da zero: hanno raccolto le migliori intuizioni di "Siberia" (che, come previsto, non ha incontrato "solo ghiaccio e silenzio"), hanno fatto tesoro dei più interessanti spunti di "Amsterdam", hanno superato il grave handicap di essersi ritrovati, da un giorno all'altro, senza la sezione ritmica che li aveva accompagnati fin dagli esordi, ed hanno raggiunto, in seno al loro nucleo-guida (il chitarrista / autore Federico Fiumani ed il cantante Miro Sassolini) quell'unità di "feeling" che porterà Federico ad affermazioni del tipo "Miro è, come dire, la voce della mia anima. Col tempo si è creata fra di noi un'intesa perfetta, al punto che, quando scrivo un testo, mi viene automatico immaginarlo cantato da lui".
Dopo le dichiarazioni rilasciate da Federico poco più di un anno orsono, e soprattutto dopo la svolta di "Amsterdam", erano in molti a paventare una radicale modificazione di indirizzo musicale, con conseguente approdo ai lidi della commercialità meno stimolante; invece, come lo stesso Fiumani tende a precisare, il previsto "orientamento verso il pop", è rimasto quasi del tutto sulla carta: "L'ultima volta che ci siamo parlati non avevo le idee molto chiare, non solo come musicista, ma anche come persona. Era un momento di grande confusione interiore, ed affermare certe cose serviva anche ad aiutarmi a trovare maggiore convinzione per una scelta dovuta più a problemi interni che non a vere esigenze artistiche; era un tentativo di tenere unito il vecchio gruppo, per andare incontro a chi, fra noi, aveva imprescindibili necessità economiche. Poi, una volta che i problemi sono stati superati, seppur in modo assai drastico, ho visto la situazione con occhi diversi. Adesso suono quello che mi piace, ma ciò che mi interessa veramente è imparare ad usare sempre meglio il mio strumento, ed anche il piano, per rendere la musica dei Diaframma ancor più valida e completa".
Dal punto di vista strutturale, "Tre volte lacrime" è un album piuttosto vario, in cui soluzioni "dure" e melodie accattivanti si alternano in nove eccellenti composizioni; con un po' di remore, Federico dichiara che esso è "per una larghissima percentuale (otto pezzi su nove) basato sull'amore. È la storia, ovviamente autobiografica, di un amore immenso, un'unica grande storia di sentimento con tutti i suoi diversi aspetti; gli otto brani sono stati scritti in un periodo breve, circa quattro mesi, e riflettono i differenti momenti che ho intensamente vissuto. Ciò che colpisce anche me è il fatto che le canzoni sono molto spontanee, molto dirette, anche per quel che concerne le liriche: per la prima volta non ho quasi badato all'aspetto "poetico" delle parole, ma ho voluto semplicemente esprimere me stesso dando un taglio al passato e componendo testi più concreti e meno astratti. Per molto tempo mi sono nascosto, se così si può dire, dietro flashes e immagini, per non rivelarmi, ma adesso ho deciso di mostrarmi con tutto il mio bagaglio di sentimenti e di emozioni".
Per quel che riguarda l'aspetto strettamente musicale, di esecuzione ed arrangiamento, Federico non ha invece problemi a rivelare che "sarebbe stato un errore riempire troppo i brani. I Diaframma sono entrati in studio con le idee già chiare, e quindi in quella sede si e trattato soltanto di mettere a fuoco alcuni punti; abbiamo voluto fare un disco "spontaneo", pur nella ricchezza e nelle poliedricità degli intrecci strumentali e vocali, perché i pezzi sono nati molto naturalmente e ci piaceva che rispecchiassero, anche nella forma, il tipo di ispirazione che li ha generati".
I Diaframma di oggi, insomma, sembrano avere finalmente trovato l'equilibrio lungamente cercato: la nuova sezione ritmica, Leo Braccini e Sandro Raimondi, si è perfettamente inserita nell'organico, il cantante Miro Sassolini ha compiuto ulteriori progressi nel campo delle armonie e del pathos espressivo, e Federico Fiumani ha proseguito nel suo processo di affinamento stilistico, mitigando anche il suo innato egocentrismo: "più che un leader, mi sento di essere un punto di riferimento per il gruppo: non è che io sia i Diaframma, come ho dichiarato in un momento di autoesaltazione, sarebbe troppo limitativo per gli altri; è solo che man mano stiamo conoscendoci meglio e speriamo di lavorare sempre bene assieme, senza paraocchi e senza atteggiamenti dittatoriali da parte mia".
Federico Fiumani sembra cambiato: è meno ermetico di un tempo, più incline a svelarsi con le sue passioni e le sue debolezze, ha quasi smesso di porsi su un piedistallo ed ha addirittura accettato che, sulla copertina dell'album, vi fosse una fotografia di Miro (per sé ha riservato lo spazio sul retro). Non è più un poeta "dark", ma un "narratore di sensazioni" nelle quali è facile per noi tutti identificarsi.
"Tre volte lacrime" è il racconto, forse contraddittorio ma comunque vero e vissuto, di una serie di gioie, di malinconie, di delusioni e di palpitazioni: in parole povere, "di vita".
Dedicato a tutti coloro che, almeno una volta, hanno avuto una "malattia" con "un volto perfetto e un corpo da sogno".